Storia della Glera tra passato e presente

Glera, antico vitigno Trevigiano presente da secoli.

Glera

Prosecco, Glera, Pucinum, Puxinum, diversi sono i nomi con i quali il Prosecco si è identificato nel corso dei secoli, ora riconosciuto con il nome Glera, per questo vitigno che fino a pochi anni fa era conosciuto con il nome di Prosecco, molte persone hanno scritto e composto scritti e brevi poemetti su questo vitigno molto importante in particolar modo per la zona del trevigiano, infatti, con la frase“ Ed or ora immolarmi voglio il becco con quel meloaromatico Prosecco”, inizia un percorso di storia e cultura locale decantato da Aureliano Acanti nel poemetto “ Il Roccolo Ditirambo” del 1754 ma questo vino ha una storia ancora più antica.

Conosciuto già ai tempi dei romani e molto apprezzato da Livia, imperatrice e moglie dell’imperatore Augusto, all’epoca era conosciuto come Puxinum e ritenuto dall’imperatrice stessa “il segreto della sua vecchiaia” il quale come scriveva Villafranchi nel 1773 nel saggio “ Enologia toscana”, era detto Prosecco, e le uve si raccoglievano “nel pendio del monte di Contuel in faccia al Mare Adriatico, poche miglia distante da Trieste”.

Quindi molto probabilmente ha origini Triestine, ma ha avuto comunque la sua espansione e massima espressione nel territorio compreso fra gli odierni comuni di Conegliano e Valdobbiadene, come per altro già decantato da Veneziano Fortunato (VI-VII sec.) vescovo di Poiters ma nativo di Valdobbiadene, descrive così la sua terra d’origine: “Quo Vineta Vernatur, Sub Monte Jugo Calvo, Quo Viror Umbrosus Tegit Sicca Metalla” (luogo dove germoglia la vite sotto l’alta montagna, nella quale il verde lussureggiante protegge le zone più brulle ed il luogo in cui “perennemente germoglia la vite”, infatti già durante l’epoca medioevale percorreva strade lontane verso le corte principesche ed aristocratiche d’Europa soprattutto quelle tedesche, e verso Venezia, dove allietava le tavole dei nobili.

Ma le fonti storiche non si fermano qui, infatti Francesco Maria Malvolti (1725-1807), nel vol. VIII del Giornale d’Italia del 1772 per la prima volta mette in relazione il Prosecco al Conegliano Valdobbiadene: “Chi non sa quanto siano squisiti i nostri Marzemini, Bianchetti, Prosecchi, Moscatelli, Malvasie, Glossari ed altri, che in varie di queste colline si fanno, quando appunto sian fatti con quelle maggiori avvertenze che esigono le qualità dell’uve e de’ fondi onde sono prodotti?”

Il Conte Marco Giulio Balbi Valier, famoso per aver isolato e selezionato un clone di Prosecco migliore degli altri, denominato “Prosecco Balbi”, pubblicò nel 1868 un libretto in cui descrive le proprie coltivazioni. Un quarto delle suddette Pertiche cen. 380, non potendosi con esattezza precisare la quantità è tutta a vigneto, che piantai a viti Prosecche, più sicure ed ubertose di ogni altra qualità, e che danno un vino bianco sceltissimo, pieno di grazia e di forza.

Uno degli esponenti più importanti per la conoscenza e valorizzazione di questa varietà fu Antonio Carpenè, famoso chimico ed enologo italiano del XIX sec. contribuì oltre alla diffusione di questa verità, anche alla scoperta di un additivo alimentare che si trova nell’uva, l’enocianina. Compì molti studi sulla spumantizzazione delle uve e diede un deciso contributo alla creazione della scuola Cerletti di Conegliano, la prima in Italia, fondata poi da Giovanni Battista Cerletti. Queste due persone, riuscirono a gettare le basi per una delle più importanti realtà agronomiche ed economiche della provincia di Treviso.